Da sabato 1 aprile a domenica 2 luglio, il Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Genova ospiterà la mostra
La Grande Peste, Genova 1656-1657. La mostra è un invito ai nostri visitatori a prendere in mano questa tragica storia. È un tema forte, quello della peste, che ha ispirato alla grande letteratura - da Tucidide a Teocrito, da Boccaccio a Manzoni, da Defoe a Camus – pagine di rara potenza drammatica. È un tema tragico che celebri pittori come Tiziano, Tintoretto, Poussin, Cerano, Tiepolo, Gros, Mignard, o i nostri liguri del ‘600: Fiasella e Carlone, hanno rappresentato con scene impressionanti. È un tema austero e solenne che anche l’architettura ha consacrato con mille chiese e monumenti, alcuni dei quali famosi ed insigni, citiamo tra i molti, a Venezia la chiesa del Redentore del grande Palladio e la basilica della Salute, capolavoro del Longhena; a Vienna la maestosa Collegiata di S. Carlo, opera del Fisher von Erlach, uno dei massimi architetti del Barocco tedesco.
La Grande peste del 1656/57 è stata, per l’immenso numero delle vittime “
la maggior sciagura che abbia mai patito Genova” (F. Casoni, annalista); per le gesta di carità ed eroismo “
una delle pagine più gloriose della storia benefica della nostra città”. (Card. G. Siri)
Ma la
peste non è solo un tema che fa cultura, è tema che ispira serie riflessioni morali. Il racconto di tragedie senza nome, di dolori infiniti, l’esempio di centinaia di uomini e di donne, generosi fino al martirio, che sfidano la morte per il bene dei fratelli, non possono lasciarci indifferenti. Della grande peste di Genova del 1656/57 abbiamo una notevole e ricca documentazione, la mostra vuole però presentare la storia di questo drammatico evento che colpì
Genova attraverso quelli che, già padre Romano da Calice nel suo libro “
La Grande Peste. Genova 1656/57”, chiamò i “
testimoni” che hanno vissuto in prima persona e che hanno lasciato una documentazione spesso unica e straordinaria. Per citarne alcuni: Padre Antero Maria Micone da San Bonaventura, agostiniano scalzo, padre Maurizio Taxil da Tolone, frate cappuccino profumiere e Giò Bartolomeo Campasso, benemerito notaio della Repubblica di Genova.
“Tra le memorie così varie e così solenni d’un infortunio generale, può essa far primeggiare quella d’un uomo perché quest’uomo ha ispirato sentimenti ed azioni più memorabili ancora dei mali; stamparlo nelle menti come un sunto di tutti quei guai perché in tutti l’ha spinto e intromesso, guida, soccorso, esempio, vittima volontaria; d’una calamità per tutti far quest’uomo come un’impresa; nominarla da lui come una conquista, o una scoperta”. (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXI)
La mostra si presenta quindi come una
storia fatta di testimonianze dirette, rimandi storici e letterari che aiutano lo spettatore a comprendere il quadro completo della tragedia che colpì Genova, che alla vigilia della peste era una città importante, ricca e attiva, capitale di una Repubblica indipendente che estende il suo dominio su tutto l’arco della
Riviera e sull’isola della
Corsica. Genova: costruita ad anfiteatro attorno al suo porto, da sempre epicentro di tutte le sue attività e circondata da due cinte di mura: le mura vecchie, ristrette ed ormai consunte e le mura nuove, superbe e possenti, lunghe 12,550 Km e terminate appena vent’anni prima della nostra peste. Preservata dalla precedente
peste del 1630, chiamata comunemente Peste manzoniana, Genova, 26-27 anni dopo, fu colpita, decimata e quasi distrutta da quella micidiale del 1656/57 che colpì in modo più o meno violento anche altre due grandi città d’Italia:
Napoli e
Roma.
“
Mentre sul principio dell’anno 1656 nell’Italia tutta si godeva, (mercé la Divina bontà), perfetta salute, fu questa felicità interrotta dal contagio nel mese di Marzo scopertosi in alcune ville e nella stessa Città Metropoli della Sardinia, non contento di vomitare il suo veleno in quest’isola, corse ad infettare primieramente la città di Napoli, d’indi s’inoltrò ai danni di Roma e, penetrato poi nella città di Genova, in quel tempo piena di numerosissimo popolo, ne fece strage sì grande, che nel mese di Luglio del’anno seguente con memoria deplorabile si vide quasi vuota d’habitatori”. (G.B. Campasso)
Compendio de decreti de Ser.mi Collegi et Ill.mo Magistrato di Sanità con insertione di leggi de consegli della Ser.ma Rep.ca per preservare e liberare la città e dominio dalla peste negli anni 1656-57. Con questo austero e solenne periodo secentesco, il benemerito notaio Giò Bartolomeo Campasso, annuncia uno dei più luttuosi avvenimenti di tutta la storia di Genova: la grande peste del 1656/57.
I frati cappuccini "frati della peste del fuocoDopo appena centocinquant’anni dall’origine della loro riforma circa mille
Cappuccini erano già morti a servizio degli appestati. Se
Alessandro Manzoni ha dedicato ai Cappuccini, volontari della carità e della morte nel
lazzaretto di Milano, un monumento letterario che
“forse non morrà”, non lo fu senza un segreto e giusto disegno della provvidenza che ha ispirato il suo genio perché tanto eroismo non rimanesse completamente ignorato.
“
L’opera ed il cuore di que’ frati meritano se ne faccia memoria con ammirazione, con tenerezza, con quella specie di gratitudine che è dovuta, come in solido, per i gran servizi resi da uomini a uomini, e più dovuta a quelli che non se la propongono per ricompensa”.
(Alessandro Manzoni, I Promessi sposi, Cap. XXXI)
Nella grande peste di Genova i frati cappuccini ebbero un ruolo notevole. I cappuccini erano giunti in
Liguria, forse su sollecitazione di
Caterina Cybo verso il 1530 e si misero subito a servire all’Ospedaletto di San Colombano, fondato dal discepolo di
Caterina Fieschi,
Ettore Vernazza, gli “
incurabili”, cioè i malati rifiutati da tutti gli ospedali, soprattutto colpiti dalla nuova peste, cioè la sifilide.
“
Da allora i Cappuccini di Liguria sembra che non abbiano avuto altra missione che questa, cioè di consolare i sofferenti negli ospedali, nelle carceri, nei lazzaretti, sui campi di battaglia. A somiglianza del Serafico Patriarca S. Francesco, essi posero le loro tende accanto agli asili del dolore, per vivere della vita di chi piange”.
(P. Francesco Saverio Molfino,
I cappuccini genovesi, Genova 1912)
Per arginare e circoscrivere il contagio si fece ricorso, da parte della
Repubblica, anche ad un mezzo nuovo e straordinario: i cosiddetti “profumi”. Dalla
Francia era giunta la notizia che alcuni frati cappuccini avevano inventato dei profumi molto efficaci per disinfettare case e città. Il padre
Maurizio Taxil da Tolone giunse così a Genova e arruolò altri venti profumieri che, uniti a quelli venuti dalla Francia, divise in quattro squadre ad ognuna delle quali assegnò per capo un frate Cappuccino. Ma le pagine più eroiche i Cappuccini le scrissero nei lazzaretti. Nei lazzaretti avevano già servito con straordinario fervore nelle pesti del 1579-1580 e del 1630-1632. Quando scoppiò la peste del 1656/57, essi furono i primi a offrirsi i primi ad essere chiamati ed i primi ad entrare nel lazzaretto della Foce.
La mostra prevede la collaborazione con diverse realtà del territorio nazionale per prestiti ed eventi collaterali. Sarà infatti collegato un ciclo di eventi, conferenze che affronteranno il tema della peste a 360°: dal punto di vista storico-documentario, letterario-artistico e scientifico.
Ecco il programma degli eventi:-Giovedì 20 aprile h. 18.00, L'Ufficio di sanità della Repubblica di Genova: un disperato argine alle epidemie di peste in età moderna
-Giovedì 27 aprile h. 18.00, La peste nel 1600: rimedi tradizionali popolari, erboristici e medici
-Giovedì 4 maggio h. 18.00, La peste nella letteratura da Tucidide all’età moderna
-Giovedì 11 maggio h. 18.00, I sotterranei di Genova e la peste. Studi, ricerche ed eslporazioni del Centro Studi Sotterranei a Genova
-Giovedì 18 maggio h. 18.00, Paleopatologia: le epidemie di peste nel passato
-Giovedì 25 maggio h. 18.00, La peste nell’Archivio dei Cappuccini di Genova
-Giovedì 8 Giugno h. 18.00, Presentazione libro “Emanuele Brignole e l’Albergo dei Poveri di Genova”
-Giovedì 15 giugno h. 18.00, Presentazione libro “Il convento dei Cappuccini di Genova - Pontedecimo, Quattrocento anni di storia in Val Polcevera” a cura di Silvana Ozzano per l’Associazione ITA KWE Flavio Quell’Oller - Onlus
-Domenica 18 giugno h. 17.00, Le romanze del cuore Concerto lirico del Soprano Antonella Fontana, al pianoforte il Maetro Dennis Ippolito
-Martedì 11 aprile h. 18.00, Suggestioni dal passato: il “gran contagio” nelle interpretazioni di ivo Vassallo e Alberto Cerchi
Museo Beni Culturali Cappuccini, GenovaViale IV Novembre, 5 – 16121 Genova
010.8592759
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