Le salse liguri al mortaio
14-12-2017
Quanti di voi in cucina hanno un vecchio mortaio di marmo le cui esatte origini si perdono nella notte dei tempi? Sopravvissuto al passare del tempo nascosto al calduccio in qualche angolo, magari convertito in un porta oggetti, in una ciotola per l’aglio, in un ferma libri oppure più elegantemente in un soprammobile? Dovete sapere che se quel mortaio è lì nella vostra cucina è perché è un pezzo importante della storia della cucina ligure. Dalla forma circolare con quattro “orecchie” sin dal 1500, in marmo bianco di Carrara a grana fine, interno ruvido e pestello in legno di dimensione esatta, il mortaio è stato per secoli, insieme a un paio di affilati coltelli, utensile fondamentale di ogni cuoco o cuoca ligure. A cosa serviva esattamente? A frantumare, spezzettare, sminuzzare e frullare. Insomma il nostro attuale frullatore. E con il mortaio, soprattutto, si preparavano tante gustose salse liguri per condire pasta, ravioli, carni e pesce.

Forse la più antica delle salse liguri, genitrice di tutte le altre e fondamento del pattern ligure per eccellenza - semi oleosi, erbe aromatiche, formaggio e olio extravergine d’oliva - è la Salsa di Noci. Le sue origini si fanno risalire all’epoca della prima crociata, quando i Genovesi (vittoriosi), iniziarono ad importare dai paesi arabi questo seme oleoso, le noci. Gli ingredienti sono pochi ma sapientemente equilibrati, nell’ordine di importanza: gherigli di noci (c’è chi li usa senza pellicina e chi, come me, salta l’operazione di pulitura perché ama un gusto più “ruspante” e una grana più ruvida) pane raffermo bagnato nell’acqua (o nel latte, ci sono varie scuole), qualche foglia di maggiorana, un cucchiaio di parmigiano reggiano, pochi pinoli tostati, sale e olio extravergine d’oliva. Una volta ottenuta una pasta densa la si stempera e si emulsione con qualche cucchiaio di acqua di cottura della pasta.Fare oggi la salsa di noci al mortaio è un lavoro divertente ma potrebbe essere effettivamente impegnativo. Farla con il frullatore, invece, è di una velocità quasi imbarazzante. (questa la mia ricetta facile e veloce per la Salsa di Noci)



Sorella minore della salsa di noci è la Salsa di Pinoli e Maggiorana, condimento prediletto per la pasta medioevale per eccellenza, i corzetti. Gli ingredienti sono quasi gli stessi, variano le proporzioni: pinoli, noci, maggiorana, olio, parmigiano reggiano, acqua di cottura della pasta (fondamentale, come per la salsa di noci, per ottenere da una pasta densa una crema soffice e vellutata) e sale.

E poi c’è il Pesto, che per la sua notorietà dovrebbe meritare un articolo a parte. Notorietà tutto sommato recente, però, perché non si deve dimenticare che il pesto al basilico, come lo intendiamo noi genovesi, risale alla metà del 1800. Probabilmente frutto del caso - un cuoco creativo che al posto delle solite erbe aromatiche un giorno decise di metterci il basilico - che in poco più di un secolo è diventato il simbolo della nostra cucina. Gli ingredienti per i puristi sono ben noti: basilico (a foglia piccola, preferibilmente quello di Prà), aglio (di Vessalico), pinoli (di Pisa) parmigiano reggiano (meglio se invecchiato più di 24 mesi), pecorino Fiore Sardo, olio extravergine d’oliva e sale. Il pesto perfetto? Quello in cui tutti i sapori (l’erborinato del basilico, il dolce dei pinoli, il piccante dell’aglio e il cremoso e sapido dei formaggi) sono giustamente equilibrati. Anche fare il pesto al mortaio, se non si ha dimestichezza, può rivelarsi un’impresa. Però lo sforzo e la determinazione sono pienamente ripagati, perché un pesto buono come quello appena fatto con il mortaio non si trova facilmente (qui la mia guida completa per un pesto da campioni)



Non a base di semi oleosi ma altrettanto antiche e gustose sono altre due salse la cui origine è prevalentemente ponentina. Una di queste è il Marò o Pestun di Fave. Come si intuisce dal nome è una salsa fresca e primaverile a base di fave crude, resa cremosa dall’aggiunta di formaggio fresco e insaporita da foglie di menta e aglio. Non è chiaro se la parola Marò derivi dall’arabo “mar-a” che significa condimento – pare, infatti, che la ricetta ed il suo abbinamento con le carni tragga origine dalle invasioni saracene – oppure se derivi dalla parola “marinaio” a significare un condimento di umili origini. Quale che sia l’origine resta il fatto che questa salsa è estremamente versatile: ottima spalmata sulle bruschette, condisce meravigliosamente la pasta mentre accompagna con un tocco di freschezza carni molto saporite come l’agnello, alla maniera araba.



Infine non va dimenticata l’Aiè, salsa a a base d’aglio tipica della Valle Arroscia dove da secoli si coltiva il pregiatissimo aglio di Vessalico. E’ sostanzialmente una maionese generosamente aromatizzata con l’aglio, come le cugine Alloli catalana e Aiolì provenzale. Si prepara nel mortaio, rendendo prima in crema alcuni spicchi d’aglio e poi aggiungendo il tuorlo d’uovo, il sale e l’olio extravergine d’oliva a filo.  Sembra incredibile quando si prova, ma l’Aiè nel mortaio “monta” benissimo risultando una crema giallo chiaro soffice e molto profumata. Si può spalmare sulle bruschette per aperitivo, magari con l’aggiunta di un filetto di peperone arrostito o anche solo di una spolverata di prezzemolo, oppure si puà usare per accompagnare patate, verdure o pesce bolliti.



E voi il mortaio che avete in cucina lo usate mai? Questa potrebbe essere una bella occasione per provarci!

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La redazione 

 

 

 

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