Se chiediamo ad un bimbo di eseguire un disegno, probabilmente raffigurerà una casa tra i prati ed il verde dei retrostanti monti; il bisogno di verde e natura è un elemento ancestrale del nostro animo.
Laddove, per conformazione territoriale, risulta difficile usufruire di ampie superfici verdi, l’uomo ha sviluppato strategie per soddisfare questo bisogno: ha creato il verde verticale!
Ma cos’è il verde verticale?Genova possiede mirabili esempi di verde verticale…forse possiamo dire che il vero verde verticale è stato creato qui e non consiste nelle facciate ricoperte di piante di vario genere, ma di mirabili giardini che si sviluppano “verso l’alto”.
Tra i tanti esempi di giardini verticali che abbiamo nella nostra città vi è
Villetta di Negro.
Ma quali sono gli elementi che, più di altri, contraddistinguono i nostri giardini verticali?
Gli alberiSe osserviamo l’orizzonte il suo profilo evidenzia la ricchezza di alberi che ne caratterizzano lo skyline.
L’albero è un elemento di arredo, un punto di riferimento. A Genova ove non esistono distese prative sono i boschi e gli alberi ad essere divenuti sinonimo di verde….gli alberi non occupano spazi a terra ma volumetrie aeree e conferiscono tipicità ai luoghi ove vegetano.
Le piante che maggiormente caratterizzano il nostro skyline sono i pini, i cipressi e le palme.
Le palme per l’appunto, ora a forte rischio di scomparsa a causa del noto problema: il punteruolo rosso.Il punteruolo rosso sta rapidamente depauperando un patrimonio palmicolo vecchio di centinaia di anni.
Ma è davvero inarrestabile questo insetto?Non proprio, anche se qualcuno vorrebbe farlo credere.
Vediamo prima di tutto di analizzare quali sono le regole, anche dettate dal buonsenso, che potrebbero evitare l’ulteriore infestazione del parassita e che invece troppo spesso vengono ignorate dagli stessi tecnici chiamati ad operare su piante infestate.
Quando si interviene su un esemplare colpito sarebbe doveroso porre a terra dei teli esso per raccogliere tutti gli insetti, larve o bozzoli, che cadono al suolo durante le operazioni.
Il materiale derivante dai tagli dovrebbe essere tritato sul posto e caricato su un mezzo opportunamente coperto da teli e tutta l’area oggetto di intervento dovrebbe essere trattata con idoneo prodotto antiparassitario.
Vediamo invece
come è possibile intervenire sulle piante al fine di combattere o prevenire l’attacco del parassita, premettendo che esistono studi internazionale che confermano la validità di quanto verrà riportato di seguito.
E’ bene ricordare che, di norma, quando si manifesta l’attacco del parassita sulla pianta il problema è in stato di forte avanzamento … in ragione di ciò la prevenzione è cruciale per salvaguardare le piante.
Le tecniche di lotta possono essere esterne alla palma (a pioggia)
o interne (endoterapiche)….ma la più efficace è certamente quella che ricorre ad entrambe.
Va detto che il trattamento aereo a pioggia implica alcuni problemi tra i quali la diffusione del fitofarmaco nell’area circostante la pianta.
Inoltre l’utilità di questo intervento è limitata ad una decina di giorni poiché i prodotti autorizzati per questo scopo sono fotolabili e perdono di efficacia in breve tempo.
L’endoterapia permette la somministrazione del prodotto nei fasci vascolari, intervento non inquinante per l’ambiente e fortemente efficace.
I detrattori del sistema endoterapico sostengono che il piccolo foro necessario per inserire il fitofarmaco potrebbe, nel tempo, provocare l’insorgenza di patologie ma tutte le osservazioni effettuate hanno permesso di escludere tale conseguenza, a distanza di 12/24 mesi dal trattamento.
In Europa sono numerosi i principi attivi utilizzati per contrastare il parassita, in Italia il loro numero scende drasticamente.
Vediamo quindi, sulla base delle osservazioni effettuate dai numerosi centri di ricerca, cosa scaturisce.
I prodotti che hanno offerto i migliori risultati sono stati il Vertimec (abamectina, autorizzato in Italia) e l’imidacloripid, non autorizzato in Italia poiché molto persistente sulle piante.
Va detto che quest’ultimo prodotto, sistemico, è particolarmente dannoso su api e impollinatori ma la sua pericolosità per questi insetti si riduce sensibilmente se vengono asportati per il periodo del trattaemento gli organi fiorali appetiti dagli stessi insetti.
Si è osservato che dopo un trattamento endoterapico i fitofarmaci possono impiegare anche 30 giorni prima di arrivare all’apice di un esemplare con circa 17 anni di età.
Una volta raggiunto l’apice vegetativo o gemma apicale il prodotto è in grado di causare la morte del 100 % delle larve piccole e di una percentuale compresa tra il 50 e 90 % di quelle più grandi.
La permanenza dei principi attivi nella gemma apicale varia a seconda del prodotto utilizzato, arrivando a garantire la copertura fino a mesi 3 per l’imidacloripid, un pò meno per l’abamectina; successivamente i prodotti migrano verso l’apice fogliare divenendo inutili ai fini della lotta.
Sul trattamento a doccia la quantità massima di prodotto rilevabile sulle foglie si osserva nelle prime 24 ore dopo il trattamento, dopodiché diminuisce progressivamente; più elevata è la concentrazione di principio attivo utilizzato e più piccola è la larva, maggiore è la percentuale di mortalità delle stesse.
Il calendario dei trattamenti dovrebbe tenere conto del ciclo biologico dell’insetto, la cui attività esterna si aggira intorno ai 7 mesi, bloccando ogni volo ed accoppiamento nei mesi invernali.
Il parassita inizia a migrare nelle piante nel mese di marzo ed in tale epoca sarebbe opportuno effettuare il primo trattamento a doccia che ha lo scopo di debellare gli insetti adulti.
Nel mese di aprile è consigliabile effettuare il primo trattamento endoterapico, con un foro nello stipete di grandezza pari a mm 6 nel quale si applicata una plug che chiude il buco e, grazie alla membrana di cui è composto, permette la penetrazione dell’ago che somministrerà il principio attivo in forte concentrazione, grazie all’utilizzo di un solvente.
Il prodotto così somministrato, una volta raggiunta la gemma apicale, ucciderà tutte le neolarve, rimanendo attivo per i successivi mesi.
Prima della scadenza del terzo mese sarà necessario ripetere il trattamento a doccia, seguito da quello endoterapico che permetterà la copertura per i successivi mesi. Al termine del successivo trimestre potrà rilevarsi utile una nuova irrorazione aerea che arriverà a coprire i mesi fino al sopraggiungere dell’inverno.
Il sistema sopra descritto permette di
combattere l’insetto con altissime percentuali di successo sebbene vi siano ancora alcune incertezze sui risultati riscontrabili su esemplari particolarmente alti, non essendo nota la quantità di principio attivo in grado di raggiungere l’apice su piante con altezze di oltre 17 metri.
Poiché proprio su esemplari di tali dimensioni abbiamo ottenuto gli unici due insuccessi, su centinaia di esemplari trattati, è consigliabile trattare gli esemplari alti munendosi di piattaforma aerea o alte scale, al fine di effettuare il foro ad altezze elevate.
Numerose le cause che potrebbero provocare l’insuccesso del trattamento e tra esse la presenza di fasci vascolari interrotti lungo lo stipete dalla rosura dei topi o dall’insetto stesso, con l’impossibilità del fitofarmaco di raggiungere l’apice lasciando vulnerabile una parte di gemma apicale.
Ed anche l’eccessiva aridità estiva può bloccare la risalita del fitofarmaco….in questo caso è necessario bagnare adeguatamente il terreno per riattivare il flusso linfatico della pianta.
Ma forse la causa di maggiore inefficacia è legata ai tanti scaltri che operano improvvisandosi come “esperti fitoiatri” che utilizzano prodotti eccessivamente diluiti con acqua o sistemi acquistabili su internet “a basso costo” e senza nessuna validità scientifica.
Marco Corzetto
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