Mercoledì 22 giugno, alle ore 18:30, a Villa Croce si svolgerà l'inaugurazione di Smoke, una mostra ideata dall'artista statunitense Mark Handforth. Si tratta di un'esposizione che riunisce opere già esistenti e nuovi lavori ideati in risposta agli ambienti del Museo stesso.
Handforth si è distinto a livello internazionale per la creazione di sculture pubbliche di grandi dimensioni che nascono dal confronto con le proporzioni stranianti delle metropoli americane e con gli elementi minori del paesaggio urbano quali segnali stradali, panchine, e impianti d’illuminazione pubblica. Il titolo della mostra nasce proprio dalla fascinazione dell'artista per la resa grafica della parola “smoke” (fumo) nella segnaletica stradale americana.
Per la mostra a Villa Croce, l'artista reinterpreta l'architettura e gli spazi dell'edificio neoclassico creando una surreale successione di lampioni contorti, mandala fluorescenti fatti di neon, enormi ‘grucce’ deformate e grandi stelle ammaccate che scandiscono un percorso narrativo caratterizzato dalla tensione dinamica tra forme organiche e geometriche, fra concetti d’immanenza e di cambiamento, di naturale e di artificiale, di astrazione e rappresentazione simbolica. La grande scultura, posizionata all'esterno fronte mare, riconfigura il rapporto fra il museo, l'orizzonte mediterraneo, e il porto sottostante. Creata appositamente per la mostra, Flagpole è un'enorme bandiera dall'asta deforme che, a dispetto delle dimensioni imponenti, trasmette un'idea di precarietà, suggerendo l'assurdità di ogni pretesa territoriale, l'impossibilità della conquista oppure, forse, un'ultima richiesta di aiuto.
Per Mark Handforth, Smoke è insieme parola, segno e indicazione di una condizione ambientale offuscata che determina la dissoluzione della forma e il movimento dei contorni. Alterando i materiali e i rapporti di scala di oggetti ordinari e consueti, l'artista sviluppa una ricerca scultorea che è insieme seria e ironica, ludica e formale, monumentale e melanconica. L'intervento dell'artista sui segni e i simboli del quotidiano, genera un repertorio di oggetti dilatati, spesso dotati di una fisicità irruente e di una impetuosa carica vitale, dai quali fluiscono libere associazioni mentali e una molteplicità di interpretazioni poetiche e irriverenti della realtà.
Attraversato da continue allusioni all'estetica pop e minimal, il lavoro di Handforth declina il rigore di forme plastiche astratte all'interno di una dimensione figurativa immediata e riconoscibile nella quale convivono oggetti prosaici e icone universali. L'ingrandimento delle proporzioni e l’accentuata distorsione degli oggetti quotidiani trasformano radicalmente il rapporto fra lo spettatore e l'opera, mentre lo spazio in cui le sculture sono collocate viene travolto dalla loro una potente energia plastica.
Mark Handforth (Hong Kong, 1969) vive e lavora a Miami, USA. Ha esposto il suo lavoro in numerose mostre personali e collettive negli Stati Uniti e in Europa. Tra queste si ricordano le personali: The Excentric Circle, The Modern Institute, Glasgow (2015); Two Old Bananas, CASS Sculpture Foundation, Goodwood, (2015); Sidewalk Island, Governors Island, New York (2014); Black Bird (public installation), Zürich (2013); Rolling Stop, Museum of Contemporary Art, North Miami, Miami, e MCA Chicago Plaza Project, Museum of Contemporary Art, Chicago (2011), Concentrations 51: Mark Handforth, Dallas Museum of Art, Dallas, TX (2007); Stroom, Kunsthaus Zürich, Zurigo (2005), Hammer Projects:Mark Handforth, UCLA Hammer Museum (2002). Tra le collettive ricordiamo: Retour du monde, una commissione per il trasporto pubblico, Musée d’art moderne et contemporain, Ginevra (2013), Luminale Midwest: Sunlight on Cold Water, Kunsthalle Detroit, Detroit (2012) e Hors les Murs, FIAC Jardin des Tuileries, Paris (2012), Mapping the Studio: Artists from the François Pinault Collection, Palazzo Grassi/Punta della Dogana, Venezia (2009), Château de Tokyo/Tokyo, Redux, Ile de Vassivière (2008), The Uncertainty of Objects and Ideas, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington DC, (2006), 5 Milliards d’Années, Palais de Tokyo, Parigi (2006), Whitney Biennial (2004), Terminal 5, JFK Airport, New York (2004).
La redazione
ARTICOLI CORRELATI